PadreFedele Per il fango oggi basta poco
di Franco Dionesalvi sul quotidiano della Calabria del 20/07/2011
Leggo l'intervento del dottor Sirianni, ma resto convinto della mia opinione: nel caso di padre Fedele si è messa in moto una cosa che è ragionevole definire “macchina del fango”.
Il magistrato scrive che per realizzarla devono agire concordemente pezzi di partiti di schieramenti opposti, insieme a elementi della pubblica sicurezza: in pratica, ci vuole una loggia segreta.
Ma riflettiamo.
Contro Mesiano non si mossero i servizi segreti, bastarono una televisione e un giornale.
E con qualche immagine che non dice nulla, abilmente montata, si è insinuato il dubbio che egli, il giudice che ha
condannato la Fininvest a pagare una multa milionaria, sia un mezzo squilibrato.
Addirittura l'allora leader del Pd, Dario Franceschini, si presentò ai giornalisti con icalzini turchese “per solidarietà con Mesiano”, come parlasse di un appestato.
E io credo che ancora oggi, e chissà per quanti anni ancora, quando lo presentano a qualcuno questi non resisterà alla tentazione di chinarsi a guardare se porta i calzini turchese.
Il mostro è servito, basta enfatizzare un paio di calzini.
Stesso trattamento con Fini,con la sua casa di Montecarlo.
La magistraturalo ha assolto;ma eglieral'uomo politico più popolare in Italia dopo Napolitano, e da allora è sceso in
quella classifica agli ultimi posti, e non è mai risalito.
Per Boffo è bastato un giornale, quello di Feltri.
Anzi è bastata una minaccia, ben calibrata.
Boffo ha intravisto immediatamente quello che gli si preparava: una campagna di stampa martellante che insinuava il dubbio che fosse omosessuale.
E il direttore del quotidiano dei vescovi questo sospetto non può consentirselo, così è dovuto scomparire.
Su padre Fedele si è accanito un bel gruppo di operatori televisivi, da Canale 5 alla Rai.
Con capofila “Striscia la notizia”.
Hanno preso le immagini di lui che ballava con una donna (poi è venuto fuori che si tratterebbe della sorella, ma questo non è importante).
Hanno montato la sequenza artatamente, facendogli ripetere più volte le stesse movenze, lo stesso passo, con una
musichetta beffarda di sottofondo.
Hanno mandato la stessa sequenza per mesi, con l'effetto tormentone che questa trasmissione sa sapientemente
costruire.
Così padre Fedele è diventato una macchietta nazionale; trascinando irrimediabilmente nel fango le
sue azioni, l'Oasi francescana che aveva costruito, i pozzi che aveva fatto nascere in Africa,
le campagne non-violente negli stadi, gli aiuti alle prostitute per emanciparsi dalla condizione di costrizione, l'accoglienza ai derelitti di ogni tribù.
L'idea stessa di un Vangelo che non si impoltronisce fra gli altari di marmo, ma vive e si dà senso
fra i pubblicani e le samaritane.
Tutto ciò è stato spazzato via, prima del processo e comunque fosse andato il processo.
Di questo io ho scritto: dei riflessi sociali di un accadimento che, comunque, si risolve in un
ulteriore colpo, in un surplus di solitudine, a Cosenza, per la povera gente, per gli ultimi, su
un piano concreto e ancor più su un piano simbolico.
Non della sentenza, che, ho scritto nel primo rigo del mio articolo, “va rispettata”.
Si coglie piuttosto che è Sirianni che ha già emesso il suo verdetto: per lui Fedele Bisceglia
è colpevole, bisogna metterlo in carcere e buttare la chiave.
Io, invece,penso che un cittadino dev' esser considerato innocente fino a sentenza definitiva.
E questo non vale solo per i Dell'Utri e gli Scajola, vale anche per un frate di provincia; vale soprattutto per quegli immigrati che qualche magistrato dimentica in carcere.
Infine: Sirianni scrive che sono un poeta e non un giornalista, e così ritiene, facendo riferimento a una accezione nazional-popolare della parola “poeta”, di colpirmi.
In realtà, gliene sono grato.
Perché anche se il mio lavoro è quello di giornalista, e lo esercito da molti anni col conforto di molti affezionati lettori, io mi considero soprattutto poeta.
Nel senso che cerco di occuparmi sempre prioritariamente di ciò che definiamo “umano”, e della sua incarnazione nei singoli uomini e donne; del senso; e della parola che tende intimamente e autenticamente alla verità.
E non delle veline, dei dispacci d'agenzia, e delle parole che stanno nei formulari.
Franco Dionesalvi