Uomini, donne e Maria

Pubblicato il da johnny7

Di Fulvio Abbate tratto da il fatto quotidiano del 5/4/2011

Qualche anno fa, ragionando su Maria De Filippi scrissi che la signora mi faceva pensare all’ammiraglio nipponico Isoroku Yamamoto, solo casualmente omonimo dello stilista (Yhoji) Yamamoto.

Maria intenta a studiare la scaletta di un programma intitolato “Uomini e donne”, fascia pomeridiana di Canale 5, con la stessa puntigliosità di una stratega, appunto militare, come il già citato condottiero del Sol Levante. Ripensandoci, ritornando con l’attenzione a quel format che custodisce per chiara fama il codice fiscale del “male assoluto” mediatico-spettacolare post-prandiale, volata via chissà dove la stella imperdibile della Signora Claudia, sorta di Catherine Deneuve fra Cassia Bis e Pineta Sacchetti, ripensandoci bene, dieci anni dopo circa, non possiamo far altro che mutare opinione e fondale storico-mitologico.

Esatto: se solo provo a mettere adesso a fuoco laicamente, perfino fuori d’ogni furore antiberlusconiano, la professionista De Filippi, notandola confortevolmente seduta sullo scalino che la ripara dalle tante imperdibili

chiose dei “tronisti” e delle squinzie supplici giunte ora dalla Campania ora dalla più prossima Anagnina, già,

vista con gli occhi del presente, la nostra Maria, anche grazie ai suoi occhiali da miope di talento, mi fa piuttosto pensare a come dovesse sentirsi l’incolpevole drammaturgo Arthur Miller il giorno del suo avventato matrimonio con Marylin Monroe.

Fuor di metafora, c’è infatti da chiedersi (ma forse è proprio lei, la De Filippi in persona, la prima a porsi questo dilemma) cosa diavolo lei ci faccia lì, nello studio di “Uomini e donne”.

Un fioretto, una forma di autopunizione, un ricatto aziendale, forse?

Non per nulla, i suoi silenzi, la sua scelta del basso profilo, cioè di essere un secondo piano vago che si rivela assai di rado nell’arco dell’intera puntata, sono in fondo un’ammissione implicita di un orrore sub-culturale che si ripete pervicacemente fra scazzi e fasi e nuove fasi di corteggiamento.

Volendo essere spietati fino alla sigla finale, rinunciando perfino a esprimere giudizi sulla controfigura della

già citata Marilyn, presente in studio in veste di furiera con le generalità di Tina Cepollari, idem verso l’ex compagno di Paola Barale, Gianni Sperti, potremmo addirittura insinuare che Maria De Filippi covi segretamente verso le tante ospiti un odio sordo, un fiammeggiante astio che è forse l’unica vera spinta che la fa restare lì in veste di sosia del drammaturgo Miller.

Gli unici attimi in cui la pietas cede il posto alla ferocia del distacco sono infatti quelli nei quali a parodiare l’agenzia di collocamento erotica sono i “vecchi ”, con le loro belle e povere facce da centro anziani, da pomeriggi trascorsi fra una briscola e una riflessione sui temi capitali della tarda età vissuta in solitudine: malattie e dispiaceri, punture lombari e paracentesi.

Nella terra di mezzo scorgiamo invece Barbara Barbieri, confidenzialmente Bubi, in veste di virago, ufficialessa di complemento di un’allusione al sadomaso, al bisogno di sottomissione che ormai non può mancare in televisione.

Evidentemente anche Maria De Filippi, come conferma il suo travestimento da Arthur Miller, non è poi così sadica.

Anche lei si vuole male.

L’esistenza “Uomini e donne” ne è la prova provata.

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